Nelle nostre scuole, a causa delle vessatorie scelte ministeriali sulla formazione, stiamo assistendo alla negazione sistematica dei diritti dei lavoratori: i dirigenti hanno e stanno continuando a negare i permessi che sono indispensabili per adempiere alle richieste del ministero; sicuramente esistono seri problemi per la sostituzione delle assenze brevi, ma anche questi problemi non possono andare a ledere i diritti dei lavoratori.
Cerchiamo dunque di fare chiarezza, da un punto di vista normativo, sui diritti ai permessi.
Il personale docente ha diritto alla fruizione di cinque giorni nel corso dell’anno scolastico per la partecipazione a iniziative di formazione con l’esonero dal servizio e con sostituzione ai sensi della normativa sulle supplenze brevi vigente nei diversi gradi scolastici.
Nella lettura degli articoli non si evince la discrezionalità del dirigente nel merito, non si parla di concessione, bensì di diritto alla fruizione con la possibilità dell’Istituto di provvedere alla sostituzione.
Permessi per motivi personali e familiari art.15 C.2 CCNL 2006/09: “il dipendente ha diritto, a domanda, nell’anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione”.
Il “motivo” da documentare deve esplicitare perché sussista l’esigenza dell’assenza dal lavoro, senza comunque infrangere il diritto alla riservatezza del/la richiedente;
Tale diritto è stato recentemente esteso anche al personale a tempo determinato con il CCNL 2019-2021 (art. 35 comma 12).
Si tratta di articoli e diritti (combinato disposto degli artt. 15 C.2 e 13 C.9 del CCNL 2006/09) tuttora vigenti perché mai abrogati dai successivi contratti 2016/18 e 2019/21 che hanno integrato i precedenti e nei casi specifici sostituito o abrogato le norme non più in vigore in modo esplicito.
Anche la Cassazione nell’Ordinanza n. 12991/2024 ribadisce quello che già sapevamo, e così numerose sentenze (Corte d’Appello di Milano sent. n. 381/2018, [ex alii, Corte d’Appello Caltanissetta sent. n. 286/2023, Trib. Gela sent. 123/2023, Trib. Cuneo sent. n. 15/2020, Trib. Fermo sent. n. 53/2020, Trib. Velletri sent. n. 378/2019, Trib. Ferrara sent. n. 54/2019, Trib. Milano sent. n. 2272/2019, Trib. Sciacca sent. n. 252/2014, Trib. Potenza sent. n. 544 e n.590/2013, Trib. Sciacca sent. n. 271/2013, Trib. Lagonegro sent. n. 309/2012, Trib. Terni sent. n. 299/2011, Trib. Monza sent. 288/2011, Trib. Taranto sent. n. 542/2006].
Il dirigente potrebbe solo bilanciare queste non meglio specificate “contrapposte esigenze” [naturalmente individuando per iscritto quali sono le “esigenze” e motivando perché sarebbero “contrapposte” al diritto del personale] che in nessun modo sono interpretabili come valutazione discrezionale delle motivazioni addotte, come – per altro – ribadito perfino dall’ARAN: “In ogni caso i motivi addotti dal lavoratore non sono soggetti alla valutazione del dirigente scolastico. Infatti, la clausola prevede genericamente che tali permessi possono essere fruiti “per motivi personali e familiari” consentendo, quindi, a ciascun dipendente, di individuare le situazioni soggettive o le esigenze di carattere personale o familiare ritenute più opportune ai fini del ricorso a tale particolare tutela contrattuale”.
Per la sentenza di primo grado [Trib. di Milano sent. n. 465/2016] dove nella motivazione di rigetto del ricorso del collega limitava la questione al fatto che mancasse “il presupposto per la concessione del beneficio richiesto”, dato che “Nella fattispecie non può ritenersi che l’autocertificazione allegata alla domanda del ricorrente costituisca una ipotesi di “motivo personale o familiare”, avendo il lavoratore semplicemente allegato di “dover accompagnare la moglie fuori Milano” mentre la norma impone la necessaria allegazione di una documentazione del motivo personale o familiare, che non può all’evidenza essere rappresentata da una circostanza rimessa alla volontà del lavoratore, ma deve dipendere dalla ricorrenza di un fatto indipendente dalla volontà e non rimesso alla scelta del lavoratore, diversamente non sarebbe necessaria alcuna documentazione” e richiamando l’art. 5, lett. a) del Contratto integrativo dell’ITI “E. Molinari” di Milano che – sciaguratamente – attribuiva al ds la possibilità di valutare l'opportunità della concessione delle ferie.
Ma – soprattutto – è significativo quanto precisato poi nel giudizio di secondo grado [Corte d’Appello di Milano sent. n. 381/2018], che ha escluso che il fatto in questione possa avere a che vedere con quanto già stabilito da una giurisprudenza costante e favorevole ai ricorrenti, perché ritiene esplicitamente “indipendente questa fattispecie dalle altre esaminate dalle sentenze pur prodotte dal” ricorrente perché invece dipendente dal Contratto integrativo d’istituto di cui si è detto.
Quindi, se questa fattispecie è – secondo la Corte di Appello di Milano – “indipendente” dalle altre sentenze che si sono espresse sull’argomento anche l’Ordinanza della Cassazione non inficia nulla riguardo alla amplissima giurisprudenza favorevole al riguardo [ex alii, Corte d’Appello Caltanissetta sent. n. 286/2023, Trib. Gela sent. 123/2023, Trib. Cuneo sent. n. 15/2020, Trib. Fermo sent. n. 53/2020, Trib. Velletri sent. n. 378/2019, Trib. Ferrara sent. n. 54/2019, Trib. Milano sent. n. 2272/2019, Trib. Sciacca sent. n. 252/2014, Trib. Potenza sent. n. 544 e n. 590/2013, Trib. Sciacca sent. n. 271/2013, Trib. Lagonegro sent. n. 309/2012, Trib. Terni sent. n. 299/2011, Trib. Monza sent. 288/2011, Trib. Taranto sent. n. 542/2006].
Tra queste decisioni appare particolarmente significativa quella del Trib. di Gela, della quale riportiamo alcuni stralci: "Emerge che i docenti dipendenti del Ministero dell’Istruzione, possano godere, oltre dei tre giorni di permesso retribuito, di ulteriori sei giorni di ferie, con le stesse modalità e termini previsti per i permessi retribuiti. Ne discende che, in presenza di esigenze personali o familiari documentate – anche attraverso autocertificazione – la fruizione dei sei giorni di ferie non è subordinata ad alcuna scelta discrezionale dell’amministrazione datrice di lavoro, dovendosi riconoscere “a domanda” del docente.
I presidi stanno creando da tempo un vero e proprio far west dei diritti (non sempre negati a tutti in modo uguale) e operano con ricatti e pressioni perché, anziché protestare con i responsabili, preferiscono scaricare sui docenti le mancanze strutturali e di risorse umane di cui il Ministero ha piena responsabilità.
Invitiamo i colleghi e le colleghe a rivolgersi al nostro sindacato per interventi mirati nella difesa dei loro diritti nelle loro scuole affinché si dia regolare attuazione alle chiarissime disposizioni contrattuali, garantendo i diritti del personale.